DSC_0041

Gaia Giappichelli, giuslavorista Davide Cadore, presidente NextPolis

 

Quale è  la distanza tra il modo in cui pensiamo il lavoro e il modo in cui è effettivamente occupato il tempo di lavoro delle persone?”

Abbiamo provato a rispondere a questa domanda attraverso una riflessione condotta insieme a Gaia Giappichelli, Ph.D in diritto del lavoro e avvocato esperta in normative del lavoro e relazioni sindacali,  ieri a Vicenza presso lo spazio Ex Works nell’ambito del Working Film Festival.

“E’ in atto un cambiamento profondo nel mondo del lavoro che riguarda mansioni, orari e competenze del lavoratore” ci ha ricordato Gaia Giappichelli.

“Ci sono alcuni concetti cardine che ci permettono di tracciare un quadro abbastanza nitido dello “stato dell’arte”.

“Innanzitutto dobbiamo ricordare i processi di informatizzazione sempre più evoluta, che caratterizzano i sistemi produttivi, perchè questi generano un cambiamento dei modelli organizzativi del lavoro che incide significativamente nella vita quotidiana dei lavoratori “.

“Spazi e tempi di lavoro non saranno più gli stessi nel futuro. La maggiore flessibilità dell’organizzazione del lavoro risponde ad una richiesta del lavoratore di sopperire ad esigenze e necessita familiari e/o di salute e personali.  Il 25% dei lavoratori si dichiara insoddisfatto della rigidità dell’orario di lavoro e, di conseguenza, è disponibile a prendere in considerazione un tipo di scambio contrattuale diverso con il suo datore di lavoro”.

“E poi il fatto che la catena produttiva non è più organizzata in uno spazio e con dei tempi che sono dettati solo da una macchina. Nei team  di lavoro della fabbrica moderna le persone ruotano di mansioni e di orari gestendo il più possibile in autonomia la distribuzione dei propri compiti tra una postazione e l’altra e i permessi di entrata e uscita (turni di lavoro )”.

Queste trasformazioni stanno estendono l’orario di lavoro fuori dell orario contrattualmente definito e retribuito.

“É messo in crisi un presupposto classico del lavoro, ovvero la necessaria e effettiva presenza del lavoratore all’interno di un orario ben definito e prevedibile ”

“Sempre più lavoratori continuano a lavorare fuori orario rispondendo da casa a email di lavoro o preparandosi una riunione nel weekend. Gli strumenti di connettività mobile potranno consentire lo  svolgimento costante della prestazione lavorativa senza orari. Il nuovo modello industriale che si delinea chiede al lavoratore sempre maggiore disponibilità anche fuori orario per andare incontro ai nuovi modelli produttivi e organizzativi. Ma il pericolo  è di tornare ad un modello di lavoro esclusivamente retribuito sulla base della realizzazione di una opera senza considerare il tempo speso come parametro di riferimento”.

Se in qualche modo sia possibile incidere su questi fenomeni è la domanda cui cerca di rispondere NextPolis.
La risposta chiaramente non è a portata di mano; quello che che è certo è l’importanza che riveste una  conoscenza profonda dei singoli territori, delle identità e delle risorse in campo, per rilanciare una nuova concezione di politica industriale, richiesta a gran voce da più parti, ma che ad oggi non va più in là di sterili proclami.

“La produzione si fa sui territori o non si fa”, per cui anche una strategia di respiro nazionale non può che partire dalla sommatoria di quanto esiste nei differenti territori e da questa operare una sintesi razionale. La politica industriale che oggi funziona ragiona con la mente locale mentre agisce in maniera globale.

Anzi, talvolta sono proprio le tradizioni profonde e radicate ad innescare l’innovazione, che non è e sarà sempre meno esclusivamente trasferimento tecnologico. In questo modo hanno preso piede talune delle migliori esperienze industriali di questo paese e si stanno ridisegnando nuove forme di produzione per distretti.

Il legame col lavoro è evidente: è a partire da queste esperienze di “innovazione che viene da lontano” che si può pensare di rivedere il modello di lavoro “senza tempo” che sta prendendo piede, riportando al centro la figura chiave di questo processo di sublimazione delle identità dei luoghi: la persona.

Taggato con: