“La scuola è, potenzialmente, il più grande generatore di domanda di innovazione” (PNSD)

 Martedì 27 ottobre 2015 è stato presentato a Roma il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), documento di indirizzo del MIUR per il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana. Le Buone notizie sono tante ed è opportuno presentarle in modo chiaro seppur sintetico.

Innanzitutto è un piano organico che supera con una visione d’insieme e lungimirante interventi segmentati e sperimentali avviati già in passato. Nel piano è infatti ben chiaro il punto di partenza (con l’analisi delle precedenti misure) e il punto di arrivo con un quadro complessivo delle risorse e del cronoprogramma degli interventi così come prevede ogni buon processo di policy. In un Paese in cui spesso si fa fatica a scrivere una buona legge senza che questa non soppianti del tutto una vecchia legge e senza che questa non contenga uno sciame di norme transitorie e clausole di salvaguardia, questa è forse la più bella notizia: il piano nasce da quanto sperimentato in passato, analizza il presente e scruta il futuro restituendo al Paese il meglio che si posa ottenere in termini di indirizzo programmatico.

La seconda buona notizia riguarda l’approccio. Non si tratta più di elencare interventi e risorse per infrastrutturazione tecnica (LIM, cablaggi, attrezzature per laboratori ecc.). Il piano si sofferma, invece, anche sulla rivisitazione dell’educazione nell’era digitale che “non deve porre al centro la tecnologia, ma i nuovi modelli di interazione didattica che la utilizzano”. Insomma non si tratta di avere solo la migliore connessione internet in ogni ambiente della scuola (che nel piano è ormai classificato come un diritto e non come una opportunità) ma anche di avere le giuste risorse e il docente che sappia guidare al meglio i discenti nel trarre dall’esperienza del digitale un modello di sviluppo delle competenze che sia costruttivo e critico.

La terza buona notizia riguarda l’attenzione ai piccoli problemi che spesso attanagliano le scuole, di fatto impedendo processi di digitalizzazione importanti. Interventi come il “Presidio del pronto soccorso tecnico” (assistenza), il supporto per i processi di dematerializzazione, l’istituzione della figura dell’“animatore digitale”, la quota destinata al canone per la connessione a internet, sono tutti indici del fatto che il lavoro di scrittura del Piano sia stato fatto in modo poco etereo e molto sostanziale, partendo dalle osservazioni pervenute dal “basso”.

La quarta buona notizia è l’avvento positivo delle “contaminazioni” e il risalto del lavoro di rete oltre la scuola. Se è vero che la scuola è, potenzialmente, il più grande generatore di domanda di innovazione, allora è bene che sia la Scuola a trainare la società attraendo a sé tutti gli stakeholder per favorire l’innovazione dei processi. Le “Olimpiadi dell’imprenditorialità”, il potenziamento dell’Alternanza Scuola-Lavoro, i Laboratori territoriali sono tutte misure che prevedono il coinvolgimento di tutte le organizzazioni datoriali e altri numerosi attori: incubatori, acceleratori, spazi innovativi di co-working. L’idea di far nascere uno “Stakeholder Club per la scuola digitale” (un partenariato permanente per rendere la scuola capace di sostenere il cambiamento e l’innovazione) in sé per sé è già indice di voler rendere la scuola (non solo come istituzione ma anche come esperienza di studio, formazione e crescita) attrattiva, capace di suscitare interesse. In realtà è davvero forte l’idea di capovolgere un modo di pensare diffuso: non spetta alle aziende o ad altri attori esterni proporre innovazione alle scuole ma sono le scuole che attraggono innovazione e sarà bene cominciare a tenere il passo.

La quinta buona notizia riguarda l’idea di sfida che è insita stessa nel Piano. Non c’è grande cambiamento se il processo stesso di cambiamento non si pone come “irriverente” ai nostri occhi, quasi antipatico e provocatorio. Solo in questi casi scatta una molla invisibile che spinge ognuno di noi ad escogitare il meglio per poter vincere la sfida, per poter battere l’“avversario” che punta sulla nostra capacità mediocre di adattamento passivo e poco entusiasta ai processi di innovazione. Anche l’idea di ribaltare la “sfida” sulle scuole con la promozione del “Challenge Prize” non fa che aumentare un sano senso di competizione.

La sesta buona notizia è che c’è tanto altro nel piano (da un investimento massiccio nella formazione, alla ri-centralizzazione delle biblioteche scolastiche e infine alla promozione delle Risorse Educative Aperte – OER, Open Educational Resources) che sarà bene leggere per percepire la portata dei processi che coinvolgeranno le scuole italiane.

La settima buona notizia: è una “via italiana” alla scuola digitale. Ogni tanto un po’ di sano orgoglio ci vuole.

Cosa prevede il piano per gli enti locali e per ogni buona Next Polis? Sicuramente una chiamata forte a integrare i propri servizi (infrastrutturali in primis) con gli interventi previsti dal piano. Per cablare al meglio le scuole, per portare la fibra ottica, per creare una rete efficiente di opportunità formative connesse al nuovo status “digitale” degli studenti, per incentivi all’acquisto e all’utilizzo di dispositivi elettronici per la didattica in classe e tanto altro.

L’innovazione prende piede e parte dalle scuole. Ottava buona notizia.

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