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Una delle sfide delle grandi metropoli è quella di riuscire a ricucire il proprio tessuto urbano, non solo dal punto di vista urbanistico ma anche sociale.

Non sfugge infatti che, nella maggior parte dei Comuni medio piccoli italiani, nel periodo di boom economico degli anni ’70, l’urbanizzazione sia avvenuta lungo le principali vie di comunicazione provinciali, fino a costituire un continuum dove centro e periferia si alternano e città scorrono senza poter distinguere dove inizia una e dove finisca l’altra. Inoltre, nelle metropoli più grandi, Roma fra tutte, laddove per decenni sono mancati gli strumenti di pianificazione ordinari (piano regolatore ad esempio) la periferia è nata in forma diffusa con insediamenti sparsi nel territorio, interi quartieri, privi di servizi locali e di infrastrutture viarie, il cui lavoro di recupero è una delle sfide più grandi che le Amministrazioni locali devono porsi. Se infatti con gli strumenti di pianificazione, pur postumi, si prende atto dell’esistente e si creano programmi di intervento per dotare questi quartieri delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria mancanti, di nuova viabilità e si pongono in essere interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, dall’altro un approfondimento a parte merita come tutto questo influisca sulle dinamiche sociali e relazionali che costituiscono la quotidianità della vita dei cittadini.

L’aumento nelle Città metropolitane dei prezzi delle abitazioni, la crisi economica che ha causato la perdita di numerosi posti di lavoro, la contrazione dei mutui erogati dalle banche ha fatto si che molte persone cercassero all’esterno dei centri urbani i luoghi dove vivere. Luoghi lontani, in una periferia estrema o addirittura in paesi limitrofi, trovandosi nell’ambigua situazione di non sentirsi neppure più cittadini: da un lato, il posto di lavoro lontano, la difficoltà per raggiungerlo per il traffico congestionato o l’inefficienza del trasporto pubblico e la voglia di ritornare a casa, dall’altro la casa stessa, un posto che è solo dormitorio e camera di compensazione delle tensioni familiari. Realtà queste, nella loro drammaticità, che vivono sempre più famiglie e singoli individui e che sono diffuse nelle località che, non solo in passato, sono state frutto di un’espansione irregolare, ma anche in quelle prodotte da Piani di Zona ed interventi programmati da Amministrazioni incapaci poi di portare gli adeguati servizi e infrastrutture.

Abusivismo e fallimento degli strumenti di pianificazione sono quindi gli elementi che, in passato e nel presente, hanno spesso contribuito all’alienazione dei cittadini nelle moderne metropoli, insieme al crescente individualismo che in maniera preponderante caratterizza sempre di più le relazioni umane. La socialità è l’elemento che in queste realtà è più facile perdere, lo spirito di stare insieme e di essere comunità che non trova spazi nei tempi veloci della metropoli e nei “non luoghi” degli insediamenti urbani periferici.

Uscire da questa impasse è possibile, ma ci vuole un insieme di interventi coordinati che, intanto, possano superare la concezione stessa di periferia, un termine che dovrebbe finalmente uscire dal vocabolario di chi amministra e pianifica. Questi, deve iniziare a ripensare la “Città di Domani” come una rete di relazioni umane, di infrastrutture, luogo dove si mitighino i conflitti e si faccia sintesi di idee e proposte; una rete dove tutto funziona solo se le singole maglie tengono. In questo quadro vanno posti in essere interventi di rigenerazione urbana, realizzando non nuove abitazioni ma riqualificando e trasformando secondo le esigenze della città quanto già costruito, collegando quartieri con la mobilità pubblica e facendo investimenti sulle infrastrutture, anche tecnologiche e sul cablaggio digitale perché queste fungono da volano per lo sviluppo economico e facilitano il sistema di relazioni. Dotare poi quei quartieri e quelle aree dei servizi pubblici di base, di luoghi e punti di aggregazione, per recuperare la socialità persa dando un contempo un’identità ad i singoli luoghi. La tutela del patrimonio verde e la sostenibilità ambientale delle scelte di pianificazione sono altri punti su cui investire, insieme alla tenuta idrogeologica delle aree a rischio puntando a realizzare una città resiliente capace di resistere agli shocks naturali che sempre più frequentemente si abbattono ed incidono sulla vita di chi le abita.

In un contesto del genere, la divisione tra periferia e centro non ha più motivo di essere e può lasciar spazio ad una, più razionale, suddivisione del territorio per vocazioni e funzioni principali ed accessorie, obiettivo verso il quale la visione di chi amministra deve puntare. Nella “Città di Domani” così realizzata, il cittadino vivrebbe una piena cittadinanza, parteciperebbe alle decisione strategiche e sarebbe parte attiva del percorso di cambiamento, sviluppando al contempo un senso di appartenenza, recuperando quella centralità che molto spesso è stata considerata alla “periferia” delle priorità politiche-amministrative.