Autonomia finanziaria e nuove forme di partecipazione
Graziano Del Rio, ministro ed ex presidente dell’ANCI, introducendo un incontro di ANCI giovani del 2012 disse, più o meno, che “questi giovani amministratori sono un po’ spericolati a voler fare gli amministratori nella situazione che stiamo vivendo”.
Graziano Del Rio aveva e ha ragione. Essere giovani e amministratori oggi, nel 2013, è un po’ da matti. Se poi sei del Sud, e magari delle isole, non ne parliamo.
Oggi la tendenza è all’autonomia finanziaria degli enti locali. Autonomia finanziaria significa che un ente locale ha nel proprio bilancio ciò che riesce ad incassare dalle entrate tributarie ex extra-tributarie. La gestione del patrimonio e del territorio sono altre due policy collegate al tema del bilancio.
A fronte di trasferimenti statali, in alcuni casi regionali, in costante e netto calo, i comuni ripensano se stessi. Il partenariato pubblico-privato, che peraltro al Sud agisce in un contesto di crescente povertà diffusa e di desertificazione produttiva, è stata una soluzione di scuola piuttosto che pratica quotidiana.
La dicotomia pubblico-privato oggi può essere superata dal concetto di bene comune e da nuove forme di partecipazione alla definizione e gestione dei servizi. Non si tratta di fare ideologia, bensì di trovare soluzioni nuove per una fase economica e sociale nuova.
La commissione Rodotà del 2007 definì bene comune “le cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona. I beni comuni devono essere tutelati e salvaguardati dall’ordinamento giuridico, anche a beneficio delle generazioni future”.
Il Comune deve farsi garante di un governo partecipato dei servizi pubblici e dei beni comuni. Le nuove forme di partecipazione, tendenzialmente comunitarie, riprendono una prassi secolare, propria della storia delle nostre città e dei nostri paesi.
Il concetto di smart city and communities non è nato per affrontare una crisi epocale e di civiltà come la nostra, bensì per adempiere al meglio il dettato della strategia di Lisbona del 2000, poi declinatosi anche nella strategia di Europa2020, sulla creazione della “economia della conoscenza più competitiva al mondo”.
Oggi non può essere così. Smart city and communities, nonché la programmazione europea 2014-2020 devono essere modalità innovative, ed inclusive, per contrastare povertà e desertificazione produttiva. Mi limito a tre settore di competenza comunale: politiche sociali, trasporti e gestioni associate.
Le politiche sociali o vengono ridisegnate, eliminando quel tratto di carità, un po’ pelosa e inutile, e si sviluppano politiche sociali di comunità, inclusive e che valorizzano l’attività sociale per la collettività, oppure sono destinate e scoppiare per problemi di bilancio.
Sul TPL (trasporto pubblico locale) e trasporti in generale il ragionamento è simile. In Grecia oggi non viene utilizzato un terzo delle macchine. In Italia è diminuito il consumo di benzina e l’utilizzo dell’autovettura. O disegniamo risposte smart a questi fenomeni o essi ci sommergeranno.
Per quanto riguarda le gestioni associate, siano esse città metropolitane o comuni sotto i 5.000 abitanti, anch’esse o vengono sviluppate e attuate mediante nuove forme partecipative, che utilizzano metodologie smart, o rimarranno nel limbo in cui ormai stanno da qualche lustro.
Graziano Del Rio aveva ragione a definirci un po’ matti, ma il nostro tempo è adesso e chi fa l’amministratore pubblico, oggi più che ieri, mette in gioco se stesso. Facciamolo con entusiasmo e grinta, consci di essere molto più fortunati di tanti coetanei.
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