Negli articoli apparsi sino ad ora su Next Polis, solitamente, cerchiamo di analizzare – pur mantenendo un approccio per quanto possibile concreto e non astratto o eccessivamente accademico – alcuni dei problemi che affliggono le Città e, quando possibile, ipotizzare i percorsi, le scelte e le soluzioni per costruire la #Cittàdidomani.

Questo contributo parte da un punto di vista in parte sì differente ma, al contempo, anche affine.

Punto di vista differente, perché il tono è quello di uno spaccato reale descritto a cuore aperto, una trattazione insieme rattristata ma soprattutto arrabbiata raccontata da Gianluca Forno, un socio fondatore di Next Polis e soprattutto Sindaco di un piccolo Comune piemontese, una di quelle realtà dove l’Amministrazione è pressoché volontariato e i tuoi concittadini vengono a suonarti il campanello per dirti cosa non va, a metterti di fronte, in maniera ancora più immediata, a molti di quei problemi che abbiamo descritto chiedendo una soluzione.

Punto di vista al contempo, tuttavia, anche affine, perché uno dei problemi che sottende a molti altri che abbiamo descritto è quella capacità di “accontentarsi”, quella incapacità di “mettersi in gioco”, quella rassegnazione ad “adeguarsi” a schemi che in realtà si disapprovano: un problema forse persino “generazionale”, per cui forse serve meno la capacità di analizzarne nel dettaglio le ragioni e di più la volontà “invertire la rotta” radicalmente.

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Istruzioni per l’uso di una generazione: prima di analizzare la sconfitta accertarsi di essere scesi in campo!

Dove collocare l’origine dei tanti problemi che ci ostiniamo a ricondurre ad una generazione che intanto rischia di essere superata, mentre un’altra successiva è già coinvolta nell’onda lunga dei medesimi con esiti, se possibile, ancora più incerti?

Troppo complesso e probabilmente inutile cercare il punto di partenza di una crisi “generazionale”, certamente più utile pensare ad una strategia per invertire la rotta ed evitarne il perpetrarsi.

Tra le necessità primarie citerei il poter vivere in una società capace di offrire garanzie sul diritto essenziale alla parità di accesso a beni, servizi e, soprattutto, sogni.

Un accesso, dunque, che non si limiti ad una scuola (di serie minore), una pizza (economica), una spiaggia (libera), un supermercato (discount), un lavoro (sottopagato)… troppo facile!

Quel che non ci vede sufficientemente impegnati è il lavorare per un luogo in cui si possano avere e vedere eventualmente realizzate aspirazioni diverse, che rispettino inclinazioni, doti e tendenze naturali di una generazione che, se da un lato rischia di ritrovarsi sconfitta senza essere neppure scesa in campo, dall’altro, forse ancor più gravemente, sta accettando che pochi “predestinati” tra i propri componenti la rappresentino.

Questi ambasciatori generazionali siamo anche un po’ noi amministratori locali, professionisti, disoccupati, dirigenti, impiegati, politici coinvolti in questa splendida avventura che è Next Polis. Godiamo di un privilegio che ci siamo autoconcessi, o semplicemente presi: poter scrivere su questo sito internet quel che pensiamo, magari riuscendo persino a creare un po’ di sano ed animato dibattito, animare lo scambio di pratiche virtuose tra esperienze “dislocate” in tutta Italia… e poi?

Finiti i commenti positivi ovvero le critiche?

Ci saremo illusi di contare qualcosa e avremo dato sufficiente ristoro alla nostra precaria autostima a tempo?

Servono azioni concrete e non più esercizi di stile.

Servono risultati e non proclami.

Serve che ci trasformiamo in virus e non che accettiamo proni il vaccino.

Allora l’obiettivo non sarà solo portare un lavoratore precario in Parlamento, ma dimostrare che per lui esiste una strada ed una possibilità di arrivarci preparato e con merito.

Allora l’obiettivo non sarà stare in un partito con il 51% degli elettori e lo 0.1% di iscritti e militanti, perché così non si costruiscono percorsi di merito e democratici, così si gestiscono personalismi e poteri clientelari.

Allora l’obiettivo non sarà convincere i giovani che è normale dover scegliere tra il secondo lavoro in nero e potersi permettere un figlio, tra bollette ed un week end al mare, tra l’affitto ed un mutuo che non viene concesso, ma far sì che siano semplicemente, meritocraticamente e giustamente inclusi nelle ercoline fatiche ancora necessarie al cambiamento.

Invertire la rotta non può significare soltanto sostituire impenetrabili e ristrette cerchie (per non dire cerchi magici) canute con nuove loro copie già vecchie.

Percepisco come un dovere non procrastinabile tentare di diffondere il privilegio del dire, ma soprattutto dell’agire, a tutti quelli che vorranno “prenderselo” come stiamo provando a far noi e, se possibile, insieme contagiare la società con questo virus.

Ecco, ho scritto cose che almeno per qualche ora mi faranno sentire meglio… tuttavia ora occorre lavorare e fare sul serio. Noi abbiamo iniziato.