Negli ultimi anni, la densità della popolazione mondiale e la complessità dell’organizzazione territoriale hanno innalzato notevolmente il grado di vulnerabilità delle persone nei confronti degli eventi naturali che non siamo in grado di controllare. L’uomo, infatti, ha gradualmente sempre più trasformato l’ambiente naturale, provocando alterazioni ambientali negative.

Oggi, secondo molti autorevoli studiosi, stiamo entrando in una fase particolarmente critica delle relazioni fra territorio, ambiente e popolazione, dovuta in primo luogo alla trasformazione dell’ecosistema indotto dall’uomo.

I tempi dell’economia sono incompatibili con i processi di riequilibrio naturali, perché ciò che procura un vantaggio economico nel breve periodo può, a lungo termine, generare gravi danni ambientali.
Per garantire la sostenibilità sono necessari sia interventi a livello globale, che a livello locale. I primi sono quelli presi maggiormente in considerazione, ma i secondi appaiono sempre più decisivi dal punto di vista delle pratiche di intervento. Anche dove agisce lo Stato, spinto dall’urgenza politica ed economica, spesso il bilancio ecologico non è considerato.

Le Amministrazioni pubbliche, al contrario, dovrebbero iniziare a dare il buon esempio sulla strada dell’innovazione, introducendo nuove forme di sviluppo sostenibile che riconoscano l’integrità del sistema ed un concetto di efficienza economica che non guarda soltanto ai costi e ai vantaggi immediati.
Prevedere tetti fotovoltaici per coprire gli edifici pubblici, auto elettriche per gli spostamenti ed edifici scolastici che tengano conto del risparmio energetico, mi sembra un obiettivo del tutto raggiungibile.
Occorre iniziare a ragionare di un grande e condiviso piano di ristrutturazione degli edifici pubblici, con l’obiettivo di renderli più moderni e più efficienti.

Troppe volte la Politica ha avuto la colpa di abbandonare a se stesse le imprese che operavano nel settore, ma il futuro passa necessariamente attraverso la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, rendendolo più sostenibile e adottando tecniche diverse dal passato, dunque che si rifanno alla bioedilizia ed utilizzano materiali meno impattanti per l’ambiente.

La certificazione energetica degli edifici dovrà diventare non un mero adempimento burocratico, ma un’opportunità per rendere più appetibile una struttura. Introdurre un principio di fiscalità ecologica, basato sull’idea che chi inquina meno paga di meno, dovrà essere la strada Maestra da percorrere, mentre rendere moderna la propria abitazione adottando criteri energetici meno inquinanti dovrà costituire un obiettivo comune a tutti. In questo modo, dal proprietario di casa alle Amministrazioni, sarà possibile dare vita ad un legame e ad una visione condivisa fra interessi pubblici e privati.

E’ giunto il momento di definire anche un piano decennale per l’efficienza energetica, superare gli attuali obiettivi e adeguarli finalmente a quelli europei. L’obiettivo è programmare il passaggio definitivo, nei prossimi 20-30 anni, dalle fonti fossili (carbone, petrolio, gas) a quelle rinnovabili (solare, eolico, biomasse), tutelando i terreni agricoli e il paesaggio. Per questo è necessario scommettere sul serio sulla raccolta differenziata e il riciclo, anche con campagne di sensibilizzazione a cominciare dalle scuole e dai bambini. Allo stesso tempo, è necessario introdurre meccanismi fiscali che rendano meno conveniente smaltire i rifiuti in discarica e che penalizzino il consumo eccessivo di imballaggi.

Un altro passaggio urgente riguarda le infrastrutture: non ha più senso, salvo qualche caso ben ponderato economicamente e condiviso socialmente, progettare ancora a grandi opere pubbliche.
L’unica vera operazione di cui il Paese ha bisogno prevede piccoli e medi interventi per mettere in sicurezza il territorio. In Italia, il rischio frane e alluvioni interessa praticamente tutto il Paese (due Comuni su tre): Calabria, Umbria e Valle d’Aosta sono le regioni più minacciate, insieme alle Marche e alla Toscana. La causa è nota: viviamo su un territorio estremamente fragile, in cui semplici temporali possono provocare allagamenti e disagi per la popolazione. I cambiamenti climatici in corso in questi ultimi anni sono purtroppo evidenti a tutti e possiamo toccare con “mano” quanto i fenomeni atmosferici siano diventati “devastanti”.

Sostenibilità e qualità, dunque, devono essere coniugati all’ambiente, ma devono diventare anche un criterio di sviluppo dei nostri centri urbani: città intelligenti, dove è possibile fruire di servizi di alta qualità a costi contenuti, ovvero gestire le attività economiche, la mobilità, le risorse ambientali e le politiche dell’abitare attraverso modalità innovative, riconoscendo il settore ambientale come un elemento privilegiato per favorire la crescita urbana.

Questo comporta investimenti sia nelle infrastrutture tradizionali, che in quelle più moderne e connesse alle nuove tecnologie. Alcuni esempi: internet a banda larga in tutte le aziende, le famiglie e le associazioni, wi-fi libero e gratuito su tutto il territorio comunale, bike sharing, varchi elettronici di accesso alla zona a traffico limitato, insegne luminose volte a indicare la disponibilità di posti auto in tutti parcheggi, sistemi integrati per lo scambio di energie tra condomini e tra utenti autosufficienti, realizzando un reale principio di “generazione distribuita”.

Città più vivibili e allo stesso tempo meno inquinanti, con l’obiettivo di preservare l’ambiente e lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti una qualità della vita non inferiore a quella ereditata.